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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

La Poesia Visiva in Italia, 4: da Sarenco,Verdi e Perfetti alla singlossia

Alessandro Gaudio

Michele Perfetti, da "Intergruppo" n.12, Palermo 1978

· Da Sarenco e Verdi al Gruppo 70, 
da Michele Perfetti alla singlossia 
tra monoglossia e paraglossia…


4. La capacità ironica, unita alla coscienza politica del fare poetico
che contrasta l’universo poetico borghese e neoborghese, sarebbe,
secondo Sarenco, una caratteristica peculiare di tutta la Nuova
Poesia; sigla che, sin dal 1963, comprende, oltre alla Poesia Visiva,
anche la Poesia Concreta e la Scrittura Simbiotica: a distinguersi in
questi tre campi, a parte il già citato Verdi, non è possibile non
citare l’austriaco Heinz Gappmayr e Rolando Mignani, cui è dedicato
il quarto fascicolo di factotumbook(13), nonché lo stesso Sarenco
che, sempre nel ’63, a soli diciotto anni e mentre nasceva a Palermo il
Gruppo 63, si avvicinò già a una prima (quasi inconsapevole) intuizione
della parola visiva.
Fu ancora l’Apicella che, già intorno alla metà degli anni Settanta,
oppose il discorso poetico dell’artista bresciano alla grammatica
del Gruppo 63 (a suo parere, nient’altro che «una piedigrotta
milanesizzata delle più stanche poetiche novecentesche camuffate
da scapigliatura»)(14) e che coniò i vocaboli singlossia(15) e praxiglossia,
fondamentali per definire i caratteri di novità della proposta di
Sarenco. Si tratta di un artista che affianca alla cospicua produzione
artistica una costante riflessione sulla sua poetica: essa nasce – come
capì immediatamente la Apicella – dall’intuizione dei problemi di
spazio e di linguaggio prima che acquistino corposità, cioè prima
che «divengano problemi di massa o di accademia». In questo caso
la ‘corposità’ è da considerarsi come ‘massa inerte’, alla quale si
sommerebbe lo spazio asettico e acronico in cui solitamente si muovono
gli studi eruditi; il concetto di ‘massa inerte’ evocherebbe anche
quel processo di canonizzazione forzata operato in seno all’accademia,
cui si contrappone drasticamente la dimensione dialettica e
costantemente in progress prediletta da Sarenco: quella di chi vive il
suo tempo e di chi costruisce «dolorosamente le condizioni per uno
spazio vitale»(16). Secondo la semiologa salernitana, Sarenco è, dunque,
un ‘personaggio nel tempo’ che, sincronicamente alla stagione
umana e culturale che sta vivendo, arriva a precisare la forma creativa
ed espressiva della singlossia, strumento specifico della Poesia
Visiva, grazie alla quale si sarebbero potute superare le pastoie di
un linguaggio (monoglossico, vale a dire letterario, desueto, tradizionale,
antico e discronico, più che acronico) fondato sulla rigida
distinzione saussuriana di langue e parole. Lo strumento singlossico
viene definito dalla Apicella come punto d’incrocio del linguaggio
idosemantico (o iconico) con il linguaggio fonosemantico: verbum
più immagine, quindi, cui si dovrà aggiungere il momento dell’esecuzione
(in parte delegata al fruitore), dell’interpretazione visiva del
poema sonoro. La singlossia consentirebbe, inoltre, di sommare al
discorso condotto dalla poesia una riflessione cosciente sulla logica
poetica e, grazie alla sua immediatezza, consentirebbe la convergenza
di più tipologie di segno artistico.
La parte conclusiva dello scritto (molto apprezzabile perché consente
di valutare a pieno il modo in cui l’autrice porta a maturazione
concetti che, come si è visto, è possibile ritrovare in nuce in tanti
suoi lavori precedenti) è dedicata alla distanza che separerebbe la
poetica di Sarenco (impegnata pubblicamente, aperta alla storia e
dotata di una forte carica dissacratoria nei confronti del contesto
sociale) dalle possibili compromissioni con il capitale e, in particolare,
dalla poetica dell’assurdo e del disimpegno (che, secondo la
Apicella, prevedrebbe il ricorso a finezze verbali, la decomposizione
sillabica, la propensione per lo sfogo clinico e l’estraneità alla problematica
del tempo) cara al Dadaismo e alla Pop-Art. Il salto di
qualità compiuto da Sarenco coincide proprio con la scoperta della
praxiglossia, che piega la singlossia «a una diversa significazione storica
e civica» e comporta il definitivo superamento della dimensione
ludica: il poeta pubblico partecipa alla storia e la sua creazione
artistica diviene «discorso di polis», azione civica e atto etico che si
rivolge con semplicità a «coloro che sono oscuramente protagonisti
della storia» e che si pone come «anticipazione del suo tempo».
È intorno a questo argomento che, mi sembra, sia possibile trovare
le ragioni che indussero la semiologa a segnalare, intorno alla
metà degli anni Settanta, una concettualizzazione più vicina alle
ragioni della sua parola sul versante delle Singlossie di Ignazio
Apolloni e dei vari ‘gruppi anti’ che sorgevano in quegli anni in
Sicilia e che facevano della ri-creatività, della denuncia e del rifiuto
opposto alle logiche assimilanti della grande editoria la loro bandiera;
da qui la predilezione per i testi ciclostilati e per il manifesto il
cui spirito estemporaneo, incontrollabile, esoeditoriale verrà poi ripreso
dalle Singlossie apolloniane(17).
Ma, tornando alla Poesia Visiva, la Apicella usò il termine
singlossia anche nella prefazione del catalogo relativo all’opera di
Michele Perfetti, esponente pugliese del Gruppo 70(18). Nella poetica
di Perfetti la semiologa individuava tre «strutture portanti»: la Poesia
monoglossica, la Poesia visivo-tecnologica e la Poesia visivooggettuale.
Proprio quest’ultima, contestando «il tentativo di chiudere
in formule fisse il linguaggio della singlossia» e opponendosi
alla Pop-Art «con i mezzi stessi usati dalla Pop-Art» e dal Neo-
Dadaismo praticato da Julius Evola, sarebbe l’invenzione «più
pregnante» dell’operatore qui presentato: Perfetti avrebbe, così, tro-
vato il modo di accordare al suo messaggio poetico una dimensione
non più individuale, «ma di denuncia di una civiltà, di un tempo, di
un costume». La studiosa distingueva poi, all’interno dell’opera
dell’artista in questione, due forme d’espressione: con la prima,
denominata poesia visiva singlossica, l’artista prende di mira le modalità
d’espressione; con la seconda, il romanzo visivo singlossico, il
bersaglio diventa il linguaggio nel suo divenire e, dunque, – dice la
Apicella – il personaggio: questi è una maschera dell’individuo strumentalizzato
dal sistema capitalistico e diventa il bersaglio vero e
proprio dell’ironia e della vis dissacratoria di Perfetti.
Con rigore strutturalista, la studiosa pone a chiusura del saggio
un breve glossario che credo che sia utile riproporre interamente.
Nel trascriverlo, ho normalizzato gli accenti ed emendato qualche
refuso.

Monoglossia. Si intende l’uso di un solo strumento espressivo sia
esso visivo (e pertanto da affidarsi alla verifica delle Arti Visive), sia
esso verbale (e quindi verificabile dalla cosiddetta Critica letteraria).
La monoglossia riguarda un’opera di Giotto (linguaggio visivo) come
il plurilinguismo di Pound (linguaggio verbale). In ambedue i casi,
si tratta di un medium espressivo unico.

Paraglossia. Linguaggi diversi posti in posizione parallela. Esempio
tipico è il poster liberty, quello di Dudovich, ad es.: eliminando
la scritta pubblicitaria, resta un’immagine piacevole a sé stante,
verificabile attraverso la critica delle Arti Visive. La paraglossia è
l’accostamento senza complementarità, di due o più linguaggi, nel
quale l’uno può essere eliminato senza la decodificazione dell’altro.

Singlossia. È lo specifico della Poesia Visiva. L’uno dei due linguaggi
non può essere eliminato senza la decodificazione del contesto.
È la totale rivoluzione delle Poetiche del secolo ventesimo. La
scoperta della singlossia elimina la possibilità di una verifica al di
fuori dell’area semiologica: ogni interpretazione prevalentemente
visiva o verbale, non tenendo conto dello specifico della singlossia, è
totalmente negativa ai fini di una verifica della Poesia Visiva come
scoperta di un linguaggio totalmente nuovo.

Antiglossia. Categoria interna nell’ambito della singlossia. Consiste
nell’urto di due elementi costitutivi che raggiungono la complementarità
attraverso l’incontro-scontro. L’importante è che esista un rapporto
singlossico degli elementi costitutivi del contesto.

La Apicella prova a convalidare l’inedita terminologia stabilendo,
per ciascun lemma, una definizione; il dizionarietto fornisce
qualche spiegazione riguardo allo stato di una materia che, in quegli
anni, sembra che sia in continua evoluzione, che si stia adattando
progressivamente alla materia che designa. Appare significativa
l’assenza del lemma praxiglossia e, alla fine di questo scritto, se ne
comprenderanno i motivi.

·

13 Sarenco, Tre concezioni scritturali: Heinz Gappmayr, Rolando Mignani, Franco
Verdi, in Tre concezioni scritturali. Heinz Gappmayr, Rolando Mignani, Franco Verdi,
factotumbook 4, Calaone-Baone, factotum-art, ottobre 1978.
14 R. Apicella, Sarenco: l’evoluzione di una poetica, in Sarenco, Interventi,
Catalogo della mostra personale tenutasi nel febbraio del 1974 presso lo Studio
Brescia. Tutte le citazioni riportate all’interno di questo paragrafo sono, salvo
diversa indicazione, tratte dal testo della semiologa.
15 Sulla fortuna del vocabolo e del fenomeno a esso connesso e sulle differenze
che lo separerebbero dal testo visivo, si vedano i miei Dalla poesia alla
Singlossia. L’introduzione mai scritta alle ‘poesie impossibili’ di Ignazio Apolloni,
«Mosaico italiano», (aprile 2009), n. 64, pp. 37-40 e Ventura di singlossia, in
«Lingua nostra», LXX (settembre-dicembre 2009), n. 3-4, pp. 103-104.
16 Sulla poesia di Sarenco come riconquista del proprio corpo e, in generale,
sulla concomitanza nella poesia visiva di evento poetico e accadimento fisico si
concentrerà anche Achille Bonito Oliva nella prefazione del catalogo dell’installazione
preparata in occasione della Biennale di Venezia del 2001 (cfr. A. Bonito
Oliva, Sarenco detto anche il poeta, Milano, Giampaolo Prearo, 2001, pp. 7-9). Sui
rapporti di Sarenco e altri poeti visivi con alcuni critici d’arte, si veda il mio
Futurgappismo. Il futuro mancato del futurismo in una parola, in I. Apolloni (a
cura di), Futurismo come attualità e divenire, Numero monografico della «Rivista
di Studi Italiani», XXVI (dicembre 2008, ma 2010), n. 2, in corso di stampa.
17 Sono tre gli scritti della semiologa che definiscono la Singlossia, il suo
campo d’azione e il suo sistema di reagenti ideologici, riadattandoli ai motivi
dell’Intergruppo di Apolloni: R. Apicella, La poesia come ricerca di nuovi strumenti,
in «Intergruppo», (luglio 1979), n. 13; Ead., Per una lettura semiologica della
singlossia, «Intergruppo», (ottobre 1980), n. 14; Ead., Per una visione attuale della
singlossia, in «Intergruppo», (luglio 1984), n. 17-18. A questi si può aggiungere
della stessa autrice il bel saggio sulle Sketch-Poesie scritto nel novembre del 1979
e poi inserito in I. Apolloni, Singlossie. 1979-1996, Palermo, Novecento, 1997,
pp. 103-105.
18 R. Apicella, Prefazione, in Michele Perfetti, Roma, Beniamino Carucci Editore,
agosto 1975, pp. XVII-XXI.

· [da: A. Gaudio, Mai bruciati dalla CosaParole, figure e oggetti dell’inattualità alle origini della poesia visiva in Italia«Critica Letteraria», a. XXXIX, fasc. III, n. 148, settembre 2010, pp. 592-611] ·

Eugenio Miccini, "Ex libris" 1975
Franco Verdi, "Verbal-dama(VEDA)" 1968
Rolando Mignani

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