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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

• Lost, un contro-spazio senza libido


V.S.Gaudio
 L’oggetto “a” e l’eterotopia dell’esclusione dell’Altro in “LOST”

Di “Lost” ho visto le prima stagione, poi la terza, mi pare, su “Fox”(che qualcosa vorrà dire vista la cura che si ha nel focalizzare la libido ubiquista di Matthew Fox).
Poi, sin dalla quarta non l’ho seguito più, l’eterotopia[si è dalle parti di Michel Foucault, Le eterotopie[1966], in:Idem, Utopie Eterotopie, trad. it. Cronopio, Napoli 2006] non era più nella dolcezza dell’utopia, anche perché non poteva rimanere a lungo in questa dolcezza poiché l’eterotopia non è mai un luogo preciso e reale, un luogo che si può localizzare su una carta [come sembra che finisca con l’esserlo l’isola tropicale culmine dello schianto del volo 815 Sydney-Los Angeles, che, nella bolla dell’esotismo radicale, dove resta soltanto l’estraneità dello straniero, l’irredentismo dell’oggetto, cioè questa indistruttibilità dell’Altro, e la sua fatalità indistruttibile, come asserisce Jean Baudrillard, si radicalizza al contempo introvabile e irriducibile,ancorché sia interrata sempre nella vita privata; insomma, J.J. Abrams ci perdoni se, nonostante il volo e l’annientamento del privato da parte della longitudine e della latitudine, qui si va addirittura dall’emisfero sud a quello nord, questa anamorfosi della Terra, sempre allusa dal viaggio iniziale e poi ripetuto, non sfugge all’illusione dell’intimità].
Lost” è un contro-spazio, non è dentro le regioni di passaggio, le strade, i treni, le metropolitane, i caffé, i cinema, le spiagge, gli alberghi, è come il Vaticano, una sorta di eterotopia in relazione col tempo, con una eternità circolare, che gira, come la fiera, che sta ai bordi o al centro della città, che fa fermare il tempo o lo deposita all’infinito in questo suo spazio privilegiato. Che è legato anche al passaggio, alla trasformazione, che, come in ogni religione, è anche un sistema di apertura e di chiusura, che isola nei confronti dello spazio circostante, e dove tutti possono entrarci, almeno quelli del naufragio e i nuovi arrivati, ma una volta entrati ci si accorge che in questa illusione non si è entrati da nessuna parte, si è fuori, o tutt’al più in piazza, dove c’è sempre una chiesa o quantomeno un contro-spazio che regola meticolosamente il tempo, anche se l’angelus non entra nell’orecchio dei naufraghi né al risveglio, né a mezzogiorno, né al crepuscolo, né a mezzanotte.
Io ho parlato, per un romanzo di Morselli, una “contro-storia”, direbbe Gianfranco de Turris, dell’”eterotopia di reclusione” che è nella mancanza di desiderio e nella sua manchevolezza di principio, nel senso di qualcosa che manca, vi avrebbe detto Jacques Lacan, lasciandovi di stucco.
Se è questa mancanza che rende speculare la manchevolezza di principio del desiderio, mi chiedo che cosa possa essere considerata la formula più generale dell’insorgere dell’Unheimliche in “Lost”: c’è questa sottrazione della libido ubiquista, d’accordo, ma chi si mostra desiderante su quell’isola?
Oddìo, se andiamo a vedere, qualcosa che entra nell’orecchio c’è [no, non sono le tragiche scomparse, né i tradimenti, né i nuovi arrivi], ma vi sembra che sia davvero il (-φ) del fallo, anche se, a tratti, tra l’uretrale e il fallico, lampeggia questa mancanza di (-φ), solo che non è l’afflato dell’Angelo e quindi è come se i cattivi pensieri ( del “remedium”, se fossimo nella contro-storia di Morselli) – come traccia tra angoscia e potenza dell’Altro – man mano che si procede nelle varie stagioni non si sa più dove vadano a finire(no,non vanno a finire nella botola dell’incidente elettromagnetico); ad un certo punto, mi sono detto: la libido dove cazzo va a finire se è nell’eterotopia dell’esclusione dell’Altro che sta vagando[che non equivale all’interrogativo-chiave di “Lost”: “Ma in che posto sono realmente finiti i sopravvissuti all’incidente aereo?”, e l’Altro- sia ben chiaro- non è uno degli “Altri”, la misteriosa comunità già presente sull’isola prima del disastro aereo]?
E allora sono ritornato, prima, all’”oggetto del puro spirito” alla Klossowski [quello de “Le leggi dell’ospitalità”, ve lo ricordate? Ci fu un’ottima traduzione di Giancarlo Marmori per la Sugar negli anni Sessanta] e, poi, mi sono riconsegnato all’evocazione silenziosa, che è anche invocazione e perfino convocazione, e revocazione, con cui Gombrowicz solleva la cosa e la richiama all’occhio della mente, fuori dall’INSEL di “Lost” e dentro il BERG di “Cosmo”!
Insomma, l’oggetto “a” in“Lost” non raggiunge mai quell’altezza di osservazione che a livello scopico permette di dissolvere, almeno nei passaggi dell’Angelus, l’angoscia che trattiene il desiderio di non vedere; ciò non toglie che non abbiate visto spesso apparire due falli, i due falli del Super-Io, e che l’oggetto degli oggetti, l’oggetto perduto ai diversi livelli dell’esperienza corporea, in cui l’oggetto “a” produce il suo taglio, non sia stato rinvenuto effettivamente come supporto, substrato autentico,desiderio che resta sempre desiderio del corpo: chiedete a Jacques Lacan o a Jean Baudrillard…(ma non dite niente a quelli del Cicap, per carità!): l’esotismo è morto,l’obiettivo in “Lost”a un certo punto non captava più la posa del faccia a faccia con la morte, non c’era segreto, il bagliore di impotenza e di stupefazione era tutto rattenuto nella telemorfosi, non c’era la fotografia a renderci conto dello stato del mondo in nostra assenza, l’inumano non voleva essere visto, figuriamoci se poteva essere fotografato…

Tutta qui la libido ubiquista?
L'eterotopia localizzata
Juliet Burke
Kate Austen
Dove vanno a finire i cattivi pensieri?
  :Questo testo di V.S.Gaudio è stato pubblicato sul web come commento in vari blog due anni fa in occasione dell'annuncio e dell'uscita della final season di "Lost".
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