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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

Giovanni Fontana ● Non a caso

 
 
Giovanni Fontana Non a caso
 
Non a caso. Da cumuli fumiganti. Sistematiche invarianti del paesaggio. Dalle montagne di Guiyu e di Tongshan. Un arsenale di condizioni imposte. Proposte in acque di putredine. Villaggi trash. Diresti. Cina meridionale. Forse. E Scampìa. E polo antartico. E là nell’inferno del disperato ghetto di Nairobi. O Caracas. E Buenos Aires. E i docks in qualche porto disastrato. Ma anche giù per i Campi Flegrei. E distese. D’aree industriali o campagne in fermentazione. Corrotte cuccagne. Purulenta stratovisione di composte. Contrapposte. In impulsione. Repulsione. Inversione di tratteggi ininterrotti. Di solchi profondi. Di ferite blenorragiche nei fianchi della terra.
 
Direi specchio emorragico del volto tragico delle merci in cataste ordinate nei piazzali delle manifatturiere. Qui. Un Occidente infernale nel passo disavanzato. Laccato però. E smagliante.
 
Non a caso sincrono. Ci sono corpi che non tornano. E qui i rifiuti. Resti ingombranti. Troppo. Ormai. Troppi. E disperati. Placcati dall’ingiuria del mercato. Corpi di scarto. Oggetti. Con difetto di tempo. Rigetti. Ghetti.
 
– Direi volti sconvolti. In risvolti subumani. Reperti trascritti da residui stravolti. Cui non è più possibile dare un nome. Distratti. Che sfuggono.
 
– Non a caso i rumori di fondo sconvolgono il paesaggio dell’esplosione. Un bagaglio di preferenze a fronte di scelte obbligate svilisce la comunicazione. L’immobilità danneggia la produzione. È una questione etica. E anche estetica. Forse.
 
– Direi che qui si tratta di processi di digestione troppo lenta. Di costipazione. E di costituzione debole in subdola apparenza. Perché il consumo ammorba. L’ulcera della caduta è sotto l’inguine del tuo nudo disperato. E un ponfo. Ora. Impalpabile. Chissà. Sia forse un cancro?
 
– Non a caso mi palpo bozzi dappertutto. Un inno chirurgico di attese. Pretese compiaciute di grumi di batteri in intrapresa. Per costruzione di chimismi d’offesa. Morsi di versi ti logorano il fegato. Incompatibile. E una bestia di presidente fa la guerra a Kyoto.
 
– Direi per corruzione di tessuti. Muscolari. Epiteliali. Di vasi nodali. E nodi di canali. Linfatici. E spermatici. Ormai intasati di concrezioni e placche. Come le tue città del resto. Interdigitali. Ma a circuiti di traffico bloccato. Destinato al collasso. Un cesso di città impossibili per forme e per strutture. Per funzioni. Cablature. Imbrigliate ormai. Per ceppi a difetto. Inestricabilmente.
 
– Non a caso è impossibile correggere rapporti divaganti. In pagine assenti dai tavoli ufficiali. Dai dossier plurali dei leader sindacali. Zenitali nelle messinscene. Notabene. Qui si tratta di benzene. Propilene. Benzopirene. Talora di altalene oscene e poco funzionali.
 
 
 




[da :  Giovanni Fontana, « Questioni di scarti » Ed. Polìmata, 2012]