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Il mondo non è banale? ░ Il linguaggio conveniente del Sublime Prefetto

¨ Sutta  (vedico: s ū tra; letteralmente: filo * ) del linguaggio conveniente del Sublime Prefetto ** Mia Nonna dello Zen così ha udito: una volta dimorava il Sublime Prefetto presso la Basilica di Sant’Antonio, nel codice catastale di Padua. E il Sublime così parlò: “Quattro caratteristiche, o mio bhikkh ū *** , dirigente dell’area del decreto di espulsione e dell’accoglienza e dirigente anche dell’area degli enti locali e delle cartelle esattoriali e dei fuochi d’artificio fatti come Buddho vuole ogni qualvolta che ad esempio si dica “cazzo di Buddha” o anche “alla madosca” o “gaudiosissimo pelo”, deve avere il linguaggio conveniente, non sconveniente, irreprensibile, incensurabile dagli intercettatori; quali quattro? Ecco, o mio dirigente che ha distrutto le macchie: un dirigente d’area parla proprio un linguaggio conveniente, non sconveniente, un linguaggio conforme alla Dottrina del Governo, non in contrasto con essa, un linguaggio gradevole, non sgradevole, un linguag

La posa del caffè e la psicanalisi ⁞ 36 ♦ Nastassja Kinski analemma esponenziale di Marisa Aino

La posa del caffè e la psicanalisi 36
Il punctum di Bragalla di Nastassja Kinski e di Marisa Aino

Quella storia del Fiore Azzurro, che cresce in qualche luogo nascosto della terra  e che non lo trovi indicato in nessun Atlante ma che i romantici sembravano sapere dove fosse il luogo e come fosse l’oggetto, il poeta sa che il Tao che può essere detto Tao non è né l’eterno Tao né quel Fiore Azzurro, ammesso che non possa essere anche Arancione, come la tuta che imbragalla Nastassja Kinski in “Terminal Velocity[i], che ho visto l’altra notte: a proposito di questo oggetto d’amore, che ha il nome che può essere nomato e non è l’eterno nome anche se, per qualche oscura ragione o cosa, ci va vicino. Nel film Nastassja fa Kris(ta), un po’ come un personaggio di Zanotto in un fumetto tra cielo e fantascienza, e tra astronavi e voli, e carichi che tra oro e immondizia sono la prova inconfutabile che non esiste nessun Fiore Azzurro, a meno che non sia Arancione e allora è questa Kris-Nastassja che ha il punctum di Bragalla, il poeta la vede e gli viene in mente il famoso quarto grado che Eric Berne ha chiamato “orgoglio peyronico”, ma che il poeta ha sempre inteso come “bagliore ainico”, o, prima ancora, “didonico”. Le cose, nei  film, non sono mai casuali, nel senso che, anche in presenza di un bel tomo come il partner di Kris, che è russa, e comincia come se avesse perduto la chiave, e il maschio americano, che è sempre l’americano che finge un mal di testa quando vuol sottrarsi a uno sgradito impegno o compito, lei invece, che è russa, rimane in armonia con la propria coscienza, non imbroglia, a lei il mal di testa viene per davvero: io non so come sia potuto accadere: nel paragrafo  Russi e americani di Istruzioni per rendersi infelici di Paul Watzlawick, c’è un aneddoto tra Cia e Messico[ii], e nel film c’è il Kgb e la Cia, e l’attore maschile che è Charlie Sheen, che fa il bel tomo americano come se fosse un pappagallo messicano. Insomma, nei film, siamo sempre nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. L’americano che finge il mal di testa, e la russa che finge di non saper volare e addirittura simula l’imbragallamento, anche se da come risponde all’istruttore si vede che di voli se ne intende, addirittura a un certo punto, e sono già sull’aereo per la prova immediata di paracadutismo, accenna a un pisello con le ali, che, d’accordo, è colpa della traduzione: non si è mai visto un pisello alato!

Ora, Nastassja imbragallata è, di punto in bianco, inattesa, ancora non è nemmeno cominciato il film, è la ragione dell’incanto del visionatore: ogni volta che il poeta intravede qualche immagine di Nastassja Kinski, questo è successo, è come se fosse in atto l’epideissi di “è questo, l’ho trovato”, è il punctum di Bragalla, o il bagliore ainico, che gli è connesso, o: uno fa il Fiore Azzurro e l’altro il Fiore Arancione.


In qualche Stimmung è saltata fuori la storia dell’Aquilone, come in Aurélia Steiner di Praga, la Caggiurra di Praha[iii], per via di Bohumil Hrabal: il poeta, voi lo sapete, è difficile che giochi a somma zero, eppure, visto dall’esterno, fa sempre la figura del cazzone, e non è detto che sia sempre venerdì, è per il semplice fatto che torna sempre a ripetersi la famosa frase che scaturisce dai suoi oggetti fallici, che, per via del narcisismo e della pulsione fallico-uretrale, son sempre somatizzati attorno all’archetipo di Mercurio e, quindi, allo schema verbale “volare”, “correre”, “muovere”, “innalzare”,”cadere”, etc. Pure quando è per terra Nastassja-Kris ha sempre il puntum di Bragalla, la stessa linea delle gambe e dell’interconnesione con il podice e l’incavo delle ginocchia, che il poeta ha visto in Marisa Aino , con quei pantaloni che ha nella scena di un’esplosione: il mondo non può privarci di ciò di cui è privo, continua a dirsi il poeta: guarda Kris ed è come se riguardasse Marisa Aino: “Io sono più io di me stesso”, e adesso che sta dando un nome a questa correlazione fantasmatica o all’analemma esponenziale del suo oggetto “a”, che, originariamente, è Marisa Aino, passa sempre lei al meridiano, si rende conto che sta cercando di trovare un senso che già conosce ma che dicendolo al mondo è semplicemente una ipersoluzione, per quanto non è detto che, rivedendo dopodomani Nastassja nello stesso film, sia folgorato ancora dal suo bagliore ainico che, è evidente ormai, che l’attrice ha  nella stessa forma  e nel valore equivalente di quello primigenio di Marisa Aino.

Non stiamo dicendo che si tratta di un disinganno: al poeta non gliene frega un cazzo dello struggimento su città e terre lontane, voli, cieli, paracadute ed  esplosioni, non è per le desolate partenze, non ha nostalgia di quei luoghi, non scrive cartoline, non fosse altro perché non saprebbe a chi spedirle, il poeta è sempre con la pancia vuota e non dispera mai dell’universo, anzi nemmeno ci pensa, il poeta sta lì la sera ed è sempre come se fosse dentro il suo piacere singolare, che, un po’ come quelli di Harry Mathews[iv], a volte viene rappresentato o duplicato da una scena, anche in un film realizzato per il popolo inerme che gioca sempre a somma zero, e allora, in questa entropia, scrutando la sua anima dall’esterno o da quella scena,si vede che il suo oggetto “a” è sulla stessa soglia del punctum di Bragalla, che è quello che gli svuota la pancia e gli riempie il (-φ): vai a vedere nel cielo a 360 gradi, è come se fosse la parte araba dell’Anima, che Marisa Aino ha esattamente a 120°, mezzopunto Sole/Ascendente del poeta, e Nastassja Kinski a 118°, stessa orbita del  punctum dove brilla il bagliore ainico del poeta. Ipersoluzione o densità del punctum di Bragalla è che, sul Sole di Marisa Aino (che dà origine al bagliore ainico), l’attrice ha la congiunzione Giove/Saturno(che alimenta il bagliore ainico per il poeta).


[i] Terminal velocity, Usa 1994, 102 minuti, sceneggiatura di David Twohy; regia di Deran Serafian. Nastassja Kinski fa Chris Morrow / Krista Moldova.
[ii] Cfr. Paul Watzlawick, Russi e americani, in:Idem, Istruzioni per rendersi infelici, trad.it. Feltrinelli 1984.
[iii] E qui andiamo oltre l’amore e l’aglio, se tu mi amassi veramente mangeresti volentieri aglio, o anche la cipolla: per via della connessione tra il cognome della spia russa e il fiume di Praga: se il poeta ha fatto quella Stimmung con la Caggiurra e l’Aquilone e mica sapeva che Krista si chiamava Moldova, o meglio: mangiando aglio, amando Nastassia per il bagliore ainico, e Marisa Aino, per il punctum di Bragalla, Aurélia Steiner di Praha potrebbe essere stato l’analemma esponenziale di Krista Moldova? O sarà perché si fa chiamare Chris Morrow che ogni qualvolta il poeta vede la Monroe gli si allittera tanto il (-φ ) che nel rombo di Lacan Krista si lancia in paracadute e Marisa Aino è la linea dell’orizzonte?
[iv] Cfr. Harry Mathews, Singular Pleasures, P.O.L. éditeur, Paris 1983.